Ricordando Chuck Mintzlaff: un uomo di cavalli
Non mi piacciono i tributi post-mortem, preferendo di gran lunga i tributi in vita; tanto più quando il contributo della persona cui mi riferisco avrebbe avuto una portata tale da migliorare drasticamente la situazione in essere nel complicato e variegato mondo equestre; un miglioramento a 360° a beneficio soprattutto di chi ne ha più bisogno, i più fragili: i cavalli, appunto. Incompresi, usati, mistificati all'inverosimile. Ma anche a beneficio nostro, in termini di conoscenza, prassi e apertura mentale (e forse anche del cuore).
Se vi era qualcuno che ha davvero infranto le barriere esistenti tra uomo e cavallo scavalcando le procedure e i metodi in essere a livello di comunicazione, relazione e, perché no, interazione con l'umano (affermazione piuttosto forte ma che - nel mio piccolo - ritengo oggettiva per chi solo mastichi un po' di linguaggio umano-equino) beh, quel qualcuno si chiamava Chuck Mintzlaff, fondatore del Friendship Training; Chuck è venuto a mancare il 21 marzo scorso, aveva poco più di 80 anni.
Mi sono imbattuto in Chuck diversi anni or sono guardando alcuni video qualitativamente improponibili ma dai contenuti sorprendenti e (davvero) differenti da tutto il panorama equestre, dalle horsemanship di ogni ordine e grado alle scuole tradizionali, dai “clickers” ai metodi “naturali” e via dicendo. Incuriosito e avido di conoscere, mi sono avvicinato a questo bizzarro personaggio scoprendo preziossimo materiale sul sito Friendship Training. Il sito infatti ospitava e ospita altri video, approfondimenti, articoli, studi... ma qui mi sono imbattuto anche in considerazioni più intime e pensieri personali dai quali emerge con fermezza un amore disinteressato e incondizionato per questi animali.
Quello che più mi ha colpito nelle sue parole e in quei video tremolanti ma inequivocabili era, oltre alla perfetta connessione e comprensione reciproca tra l'umano e i suoi “kids” (come amava chiamarli), il rapporto di vera e propria amicizia interspecie che si era creato tra Chuck e tutti i suoi compagni equini; in una parola, la Relazione.
La domanda mi è sorta spontanea: non è proprio la Relazione, addirittura una relazione che può sfociare in Amicizia, la meta più ambita e millantata dalle varie scuole equestri e dai suoi principali esponenti? Certo che sì.
E allora bisognava far conoscere questo signore al grande pubblico, soprattutto ad istruttori e divulgatori! Così ho scritto diversi articoli sul suo lavoro, messo in rete i suoi video sottotitolati in italiano e tradotto alcuni suoi approfondimenti. Risultato: solo pochissime persone si sono avvicinate incuriosite o affascinate. La scarsa attenzione per Chuck a livello globale e che, nel mio piccolo, avevo toccato con mano, mi lasciava perplesso. Continuavo a chiedermi il perché una persona con così tanto sapere, che ha codificato un programma didattico dal potenziale rivoluzionario doveva vivere di stenti snobbato dalla grandissima parte degli addetti ai lavori…
Mi sono figurato tutta una serie di ragioni plausibili: certo, nelle nostre società se non hai un look accattivante, se non sei marketing-oriented, scenografico, patinato eccetera eccetera non hai molte chances... Se poi hai pure un caratteraccio, sei intransigente, troppo coerente e non scendi a compromessi o aggiustamenti di comodo è ancora peggio, perfino se proponi qualcosa di completamente diverso e potenzialmente così importante. Ma non credo sia tutto qui, c'è qualcosa di più profondo: Chuck con i cavalli era troppo avanti, troppo avanti perché qualcuno ne raccogliesse l'eredità; e quando qualcuno trascende gli standard e i limiti esistenti spesso succede che venga snobbato oppure avversato, anche con accanimento. Credo che Chuck avesse anche un Dono speciale nel suo rapportarsi ai cavalli (e non so se ne fosse davvero consapevole) un'empatia assoluta e pura e, forse, non aveva lo stesso Dono con le persone.
“First do not harm” sempre e comunque, questa la prima regola di Chuck: niente stick, corde, capezze, tondini, arene, gadget vari, clicker, neppure all'inizio, neppure in circostanze particolari, neppure con il cavallo più traumatizzato del mondo o quello potenzialmente più pericoloso: “First, do not harm”: per prima cosa non nuocere, non causare dolore, non imporre condizioni innaturali e rispetta i bisogni e la (vera) natura del cavallo, lasciagli sempre e comunque la possibilità di scegliere e andarsene.
E così anche i concetti di Pressione (dolce o progressiva o mascherata che sia), desensibilizzazione, addestramento, strategie da leader e quant'altro vengono messi da parte, talvolta ridicolizzati, riposti nel cassetto delle cose inutili o dannose. Conoscenza, amore incondizionato e comunicazione, questi gli unici strumenti utilizzati, niente di più e niente di meno.
Non so perché ho voluto ricordare Chuck pubblicamente, o forse sì: perché da qualche parte ci dovrà pur essere un posto dove i pensieri puri, gli ideali, le Idee risplendono di luce propria, e potranno infine trovare la loro giusta affermazione; invece il chiacchiericcio, gli slogan, l'esteriorità superficiale, l'ego traviato degli uomini sprofonderanno nell'oblio e, nel nostro caso, non tormenteranno più i cavalli. In questo luogo, le idee e i principi di Chuck saranno stelle luminose a segnare nuovi percorsi nel cammino congiunto di uomini ed equini.