Redazione

Ha condiviso la vita dell’uomo per più di 5.000 anni, eppure intorno alla metà del ventesimo secolo, in una società sempre più meccanizzata, il suo ruolo sembrava essere divenuto del tutto superfluo. Sparito dalle campagne, superato dalle automobili per gli spostamenti, il cavallo - perchè è di lui che stiamo parlando - sembrava destinato a sopravvivere soltanto in pochi contesti di nicchia: quelli delle corse ippiche e delle discipline equestri agonistiche. Ed invece è accaduto l’imprevedibile.

Dalla fine degli anni ’70 si è assistito alla costante e progressiva riscoperta del cavallo da parte di un pubblico sempre più ampio che ha in un certo senso democraticizzato l’interpretazione dell’equitazione ampliandone di molto gli orizzonti, le possibilità di frequentazione e gli effetti che ciò può avere sia sullo sviluppo socio-economico del territorio rurale che sulla qualità dell’ambiente.

Un fatto positivo, senza dubbio, ma lasciatemelo dire: piè per gli uomini che per i cavalli. Il rinato interesse per il nostro antico compagno di vita non è stato infatti accompagnato da una parallela crescita di cultura e di conoscenza delle tecniche equestri e dei bisogni fisici e mentali del partner animale del binomio.

Forse non è colpa di nessuno. Il vero problema è che, nel nostro Paese, si è venuto a determinare un salto generazionale che ha in parte disperso la nostra cultura equestre determinando in larga misura la perdita delle antiche conoscenze e degli antichi saperi.

Recuperare questo gap è uno degli obiettivi, indubbiamente ambiziosi, che si propone Cavallo 2000. Si cercherà di farlo con l’aiuto di veterinari, etologi, uomini di cavalli, andando alla caccia di notizie dal passato, con l’occhio attento a quanto accade nel presente e il cuore proteso verso un futuro di sempre maggiore intesa tra uomini e cavalli.

Ma non è tutto.

Il mondo del cavallo, ippica ed equitazione non fanno differenza, è frantumato in una miriade di associazioni spesso troppo occupate a farsi la guerra tra loro per essere in grado di incidere in modo significativo a livello politico, culturale e sociale. Sarà la passione che spesso rischia di sconfinare nell’intolleranza, sarà quella illusione, spesso tipica di noi "gente di cavalli", di ritenere di aver capito tutto, sarà quello che sarà, ma è in questo e solo in questo che risiede la debolezza intrinseca del nostro settore: e i primi a farne le spese sono i cavalli privi ancora oggi (tanto per fare un esempio) di una legislazione che li tuteli adeguatamente.

A tutte le associazioni di settore, senza distinzione alcuna di discipline equestri o di attività ippiche praticate, Cavallo 2000 offre e garantisce uno spazio di ascolto e di visibilità, non soltanto nel Forum, ma anche all’interno delle singole rubriche. Uno solo il limite irrinunciabile: che non venga mai meno quello spirito di democrazia e di tolleranza che costituisce la linea editoriale invalicabile della nostra testata.


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